Il segno e la rete

Ormai è sempre più difficile parlare di un campionato così chiuso come questo, ma dato che Moratti se lo aspetta provvediamo subito. Che dire. Il portoghese ci mette del suo, ma nonostante questo lo squadrone non riesce a perdere nemmeno ad Udine. I fabbri infatti giocano per 15 minuti, il tempo di segnare tre reti e poi via, a pensare a Londra incuranti del gioco, dello spettacolo e della serietà professionale che ci si aspetterebbe da cotanta equipe. Il Maniscalco Mou prova a mettersi in difficoltà schierando giocatori in ruoli estranei, ma nemmeno questo basta per riuscire a dare spettacolo. Ormai è sicuro anche questo gagliardetto da sfoggiare insieme agli altri, di stoffa o di cartone poco importa. Il diavolo si impapera e si spapera da solo ma almeno da la sensazione di giocare o di provarci almeno, mentre a Napoli i lupetti si svegliano insieme agli asinelli, e non scorre nemmeno il sangue. Insomma c’è poco da sottolineare. Nemmeno gli arbitri che da almeno un lustro sfoggiano petromagliette di chiaro riferimento sotto alle tradizionali divise riescono a dire la loro, ma si sa, è un momento di crisi e bisogna pensare a portare a casa la pagnotta per la famiglia e quindi eccoli pronti a mangiarsi il fischietto ed agitare cartellini solo per meglio chiarire di quanti bigliettoni necessitano. E da quando il presidente visionario gli ha detto che devono rendere vivo il campionato ci provano in tutte le maniere salvo poi eccedere nello zelo e pontificare sulle regole e sui doveri. Ecco dunque Roma e Milano accomunati da beghe esemplari, frutto di pressappochismo e di incapacità organizzativa procedere di paripasso con figure non proprio cristalline. A nord e al centro l’errore è lo stesso, il ritardo negli acquisti e nella burocrazia. La politica sposa il gioco o forse lo imita ma il risultato è comunque pessimo ed irrispettoso. Nel calcio almeno si passa il vaglio degli allenatori (bravi) e del pubblico (attento), mentre nella politica si passa dai vertici (non bravi) e dagli elettori (ibernati e disattenti). Insomma la cara Eupalla sostiene per credibilità un Italia alquanto frantumata e sperduta. Bisogna investire e prendere qualche soldo in più dalle tasche di chi quei soldini li ha presi speculando e sfruttando per consentire la ripresa economica invece di farla pagare come sempre a quella classe sociale che non può evadere nemmeno volendo essendo tassata alla fonte. Ma se soltanto qualcuno provasse a fregarli, se solo si potesse trovare il modo per fargliela capire. Il tifoso allo stadio si agita, urla, fa fumo e fiamme, ma è consapevole che non conta quasi nulla dal punto di vista economico, e che le società (aquilotti docet) se ne infischiano dei fischi. Nella politica è la stessa cosa, il popolo sovrano è canzonato da un San Remo che non ha votato (non sono mica il popolo che affitta i call center per modificare gli indici), e come se fosse vero, gli viene spiegato che la maggioranza degli italiani decide quello che questa maggioranza esegue, dimentica del fatto che maggioranza nei numeri in realtà non è.
Consoliamoci con il bel gioco di Eupalla che questo turno, a sentire gli allenatori, si è espresso alla meglio a Genova e a Catania (secondo il bari e il genoa ovviamente).

Meditate gente…e magari, prima o poi agite anche!

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Articolo di SCA–TTANTE
A Cura del Gruppo Giornalistico di ScudettoWeb

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