Portaombrelli a confronto

"La volpe e l’uva” è una favola che ha fatto storia. Nel calcio italiano le vittorie contano quando siamo noi a raggiungerle, altrimenti sono competizioni per dilettanti. Cosi mentre l’Inter disprezza una coppa di cui si fregiava solo l’anno scorso, i romanisti portano in trionfo la squadra per un tronfeo fino a ieri considerato un portaombrelli. E come ogni anno sociologi calcistici e scienziati di management cominciano a dibattere su come rivalutare una coppa che in altri paesi è ancora considerata cosa di cui vantarsi. Non abbiamo la cultura della coppa o bisognerebbe rivalutarla con un posto in Champions, soluzioni più strampalate si avvicendano nei dibattiti televisivi e nei bar sportivi. A Wembley intanto si gioca la FA Cup, il portaombrelli inglese tra le due semi-finaliste di Champions. Lo stadio è talmente bello che la società  che lo ha costruito è fallita, novantamila persone cariche di gadget e t-shirt appena comprate e che mai indosseranno ancora, assistono ad una delle partite più brutte dell’anno, ma si disperano, gioiscono, insultano l’arbitro o i giocatori avversari anche quando hanno palesemente torto. Il giorno dopo su tutte le televisioni viene riproposto come un disco rotto il goal fantasma che avrebbe falsato la gara (in realtà si tratterà di una carica sul portiere). Uno scenario che non si discosta tanto dalla realtà  italiana. Ma di che cultura stiamo parlando? Forse la cultura dello show-business che fa muovere milioni di pound? Ma forse il problema è proprio questo: la cultura, quella di chi si accontenta di un campionato vinto sul velluto o di chi pensa alla Coppa Italia come premio di consolazione. Piccole mentalità che ora guidano il calcio italiano.

Articolo di Giovanni1982
A Cura del Gruppo Giornalistico di ScudettoWeb

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