Vita, valori e business

In tutti gli sport di solito ci si mette passione, sentimento, fatica e si fanno molti, ma molti sacrifici.
Ci sono sport però, in cui gli interessi di grandi società o aziende prevalgono sui veri valori sportivi, dove all’atleta non importa tanto la passione che mette o la bravura che ha, ma il conto in banca, le feste, le auto e tutti i lussi più sfrenati che può permettersi.
Ce ne sono altri dove, la fatica è una costante, una variabile imprescindibile a cui qualcuno tenta di ovviare con mezzi più o meno leciti, privilegiando  si la prestazione sportiva, ma a discapito della lealtà nei confronti degli avversari e soprattutto del pubblico.
Ci sono infine degli sport, dove la bravura, gli interessi economici, il talento, la lealtà e tutti quei valori importanti devono cedere il passo all’unico vero valore fondamentale: quello della vita.
Un errore del pilota (o dell’atleta), in una frazione di secondo, una distrazione una fatalità in sport pericolosi possono costare caro.
E così dopo l’assurda, discussa e tragica morte del giovane Peter Lenz avvenuta lo scorso 30 agosto ad Indianapolis, un’altra tragica fatalità ci ha privato di un altro giovane talento.
Shoya Tomizawa ci ha salutato ieri mentre correva a oltre 240 chilometri orari. Investito da due moto che lo seguivano.
Una scomparsa che ci fa riflettere nuovamente sulla pericolosità di certi sport, sul fatto che molti progressi nel campo della sicurezza sono stati fatti, ma quel tragico, fatale e dannatissimo rischio c’è sempre.
Ma se per Tomizawa si può parlare di fatalità, tragico episodio, per il giovane Peter che a tredici anni se ne è andato mentre sfrecciava anche lui su un bolide da oltre 230 chilometri orari, non si può dire altrettanto.
Gli "interessi di pochi eletti" probabilmente hanno superato il buon senso, non è possibile morire a quell’età. Quando si è ancora così giovani, quasi esclusivamente per questioni di show.
Non è possibile altresì che ieri, dopo il tragico incidente del giapponesino da tutti considerato solare, simpatico e anche un buon pilota, la gara non si sia interrotta.
Non è possibile perdere la vita così giovani.
L’unica amara consolazione è che entrambi se ne sono andati svolgendo la passione più grande che avevano.
Ma forse prima che altri episodi del genere si ripetano sarebbe il caso di fermarsi e riflettere. Qualunque sia la propria passione, il proprio sport, il proprio lavoro..non è possibile trascurare la vita, l’incolumità propria e quella altrui, per mere questioni di "portafoglio".

Addio giovani centauri, ci mancherete.

Articolo di Kaisernik
A Cura del Gruppo Giornalistico di ScudettoWeb

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